Nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997 un incendio, provocato da un corto circuito, danneggiava  gravemente la Sacra Cappella della Sindone. Le pareti in conci di marmo, la cupola ed i monumenti funebri ai Re Savoia,  voluti nell’800 dal Re Carlo Alberto in memoria dei suoi antenati, vennero avvolti da fumo e fiamme. Lo shock termico, dovuto alle alte temperature ed al rapido raffreddamento per i getti d’acqua impiegati per domare l’incendio, aveva causato gravi alterazioni al materiale lapideo tra cui disgregazione, scagliatura, esfoliazioni, rigonfiamenti, distacchi, fratturazione e caduta di frammenti. Alcuni rilievi importanti delle statue, realizzate per assemblaggio ad incastro di pezzi ed ancoraggio con elementi di ferro alla struttura principale, avevano perso adesione ed erano caduti proprio a causa della dilatazione e perdita di funzionalità dei supporti metallici. L’aria satura di anidride carbonica ed il forte calore contribuirono anche al degrado chimico (calcinazione) di molti frammenti di marmo già caduti e rendendo il resto estremamente fragile da rompersi alla sola pressione della mano e sciogliersi al contatto con l’acqua. Prima del restauro i rilievi e le sculture dei monumenti si presentavano coperti da uno spesso strato di particellato atmosferico accumulatosi negli anni seguiti all’ incendio oltre a residui di segatura delle tavole dei ponteggi e di boiacca usata nel consolidamento della cappella. La superficie lapidea presentava alterazioni cromatiche dovute a depositi di fumo e residui di protettivi organici. Erano inoltre presenti incrostazioni di materiale carbonioso e colature di plastica dei teli che coprivano le statue. Lo strato disomogeneo oltre ad essere ben adeso alla superficie era anche penetrato negli strati interni del marmo alterandone il colore naturale. Parti in legno ed elementi in ferro o piombo, utilizzati per il montaggio delle parti costitutive dei monumenti, avevano lasciato tracce nere di combustione e/o ossidazione. 

STUDI PRELIMINARI E FASI DI PULITURA

Per avviare un intervento efficace sono stati esaminati attentamente tutti i prodotti di degrado delle superfici, rilevando il quadro fessurativo generale dei monumenti e valutando la resistenza meccanica dei litotipi costitutivi. Con strumentazioni video-endoscopiche ed ultrasoniche è stata studiata la tecnica di assemblaggio del materiale lapideo dei monumenti funebri, costituiti da una struttura interna in mattoni allettati con malta di calce e da un rivestimento esterno composto da lastre ed elementi scolpiti di marmo. Dopo la fase preliminare delle indagini, è stata avviata l’operazione di pulitura con sistemi applicativi differenziati (a secco, ad umido, laser) in rapporto alle diverse problematiche riscontrate, con l’obiettivo di restituire alle superfici la naturale colorazione del marmo originario.

CATALOGAZIONE ED IDENTIFICAZIONE DEI FRAMMENTI

Tutti i frammenti erano stati raccolti ed allestiti in un laboratorio dedicato alla catalogazione ed al riassemblaggio delle parti in prospettiva di una ricollocazione. La gestione dei dati era attuata con sistema informativo interno (AGR – Applicativo Gestione Restauro) appositamente  progettato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio del Piemonte. Ai frammenti già in laboratorio, si sono aggiunti quelli distaccati manualmente dai monumenti durante l’intervento, in quanto parzialmente decoesi o a rischio di caduta. Gigantografie a stampa di foto antecedenti l’incendio vennero impiegate in laboratorio per identificare le parti mancanti e la precisa posizione dei frammenti raccolti e catalogati; i rilievi 3D scanner eseguiti, invece, vennero impiegati come basi grafiche per la redazione di carte tematiche.

RICOSTRUZIONI E RICOLLOCAZIONI

Il lavoro di ricerca e ricongiunzione dei frammenti in laboratorio contemporaneo a quello sui ponteggi risultò di fondamentale importanza:  le parti corrispondenti sono state riaccostate per verificarne la coerenza della materia, a volte compromessa da alterazioni chimico fisiche. Ove necessario alcuni frammenti sono stati verificati in situ per confermarne l’esatta provenienza ed il punto di contatto. Queste prove di ricollocazione hanno reso possibili successive fasi di restauro come, dopo l’incollaggio e la ricollocazione in situ dei frammenti, lo studio delle eventuali integrazioni plastiche da realizzare. L’integrazione di modellato scultoreo modulare e ripetibile mancante e andato perduto (porzioni di fregio, fusaiole, dentelli, ovoli…) è stata eseguita con realizzazione di calchi da elementi analoghi esistenti; diversamente, elementi architettonici non ripetibili ma interpretabili sono stati ricostruiti in opera, per eliminare fastidiose discontinuità di lettura formale del monumento.

COMPLESSA RICOLLOCAZIONE DI PARTI PESANTI

Per la ricollocazione di alcune parti anatomiche, molto pesanti e frutto della ricomposizione di numerosi frammenti, un’ attenzione particolare meritano il braccio di Amedeo VIII e la gamba di Emanuele II.  In  entrambi i casi, la grande difficoltà operativa, ha richiesto l’attuazione di una metodica d’intervento diversa e più laboriosa. Dopo la ricomposizione in laboratorio delle due parti anatomiche, si è provveduto ad eseguirne il rilievo con laser scanner 3D e la produzione di modelli tridimensionali digitali, da cui è seguita la prototipazione in stereolitografia con poliammide caricata di polveri di vetro e finitura acrilica. I prototipi sono stati impiegati per fare le opportune verifiche in situ di coincidenza delle superfici e per individuare i punti per eseguire i fori mediani d’imperniatura, utili alla ricollocazione delle parti originali. Completata la riadesione, i due arti sono stati trasportati nella Cappella e sollevati, con paranchi agganciati a castelletti in giunto tubo, fino all’altezza di ricollocazione. Sono state eseguite imperniazioni con  barre in acciaio fatte aderire con resina epossidica, in pasta e fluida. Il blocco delle parti è stato realizzato con martinetti meccanici. I punti di giuntura sono stati successivamente stuccati con malta aerea. Nel solo caso del braccio di Amedeo VIII,  al fine di garantire la completa solidarizzazione del pezzo alla spalla, sul retro, è stata applicata una modina di metallo duttile fatta aderire al braccio con perni d’acciaio.

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